Irma Records
Radio Date: 21/02/2013
A volte ci si imbatte in un testo accantonato per mesi a causa di una sorta di timore reverenziale, e poi, un giorno, capita di perdercisi letteralmente dentro, e di scoprire in esso più chiavi della propria mente di quante nessun professionista dell’inconscio sarebbe stato in grado di fare. Il conflitto (Krieg, appunto) cui Simona Gretchen fa riferimento nel titolo dell’album è così da associare, più che ad una guerra combattuta con le armi, ad una sorta di guerra dei princìpi artaudiana, essendo proprio l’Eliogabalo il testo cui si accennava. Essere esteta o asceta, libero o schiavo, uomo o donna, conservare la memoria del proprio sé o (dis)perderla: tutto ciò caratterizza questo conflitto, proprio di chi cammina sul crinale che separa due abissi opposti. E questo è il dissidio che percorre tutto il disco.
La protagonista di questa narrazione non si sviluppa fino in fondo, ma si può ricomporre tramite una serie di immagini (le unità-base della memoria, particelle minimali di ogni ricordo, conscio o meno). Di lei si sa poco, se non il fatto che si ritrovi consumato dal dissidio fra conservare la memoria del proprio sé e (dis)perderla.
Questa aspirante ermafrodita ha il dono di contenere in sé gli opposti, e non solo. Contiene in sé la sintesi dei sessi (evocata anche nell’artwork di Eeviac, in cui un pube – femminile – si orna delle piume – maschili – del pavone) e allo stesso tempo resta suo malgrado impigliata nella lotta scatenata da quegli stessi princìpi. Da qui la sua condizione intrinsecamente borderline, e una sorta di accecamento dei sensi e dei sentimenti, che porta con sé tanta catarsi quanta alienazione.
In Post-Krieg non si (ri)trovano le atmosfere ruvide ma un po’ naif e sognanti di Gretchen pensa troppo forte (2009), ma un impasto low frequency in cui basso distorto e piano elettrico si intrecciano in riff ora spezzati ora ipnotici, insieme alla batteria incalzante di Paolo Mongardi (Fuzz Orchestra/Zeus!/Fulkanelli/Ronin), e a voci che, come in un coro, decretano la fine del cantautorato e annunciano l’inizio del rito.
Ciò che interessa di più a Simona Gretchen è sicuramente recuperare una concezione e una fruizione rituale della musica, oltre ad una certa idea di concept, che ha cercato di rafforzare, sul piano formale, con la (mono)tonalità di Do minore.
Post-Krieg va dallo stoner/blues della title-track alla danza tribale di Hydrophobia, dalla schizofrenia armonico-ritmica di Pro(e)vocation alla (pseudo)apocalisse di Everted (part III)* – un riferimento alle atmosfere dei primi Faust è irresistibile, soprattutto se di Gretchen si parla -, dal tono quasi rinascimentale di Enoch e Everted (part II), per le quali Nicola Manzan ha arrangiato e suonato gli archi, al nichilismo post-core di Everted (part I).
Post-Krieg parla in terza persona solo per non cadere nella tentazione di un soggettivismo (o peggio un egocentrismo) senza uscite di sicurezza, ma è chiaro come chi qui sia sottoposto a estroflessione (Everted) sia, innanzitutto e mai quanto in questi brani, chi li scrive.
I rimandi letterari principali, per lo più indiretti, sono, oltre al già citato Artaud, a Jung e Nietzsche, ma anche a Ellroy**, a Palahniuk*** e al saggio “Contro la teoria standard della comunicazione”**** del professor Nanni.
Antonia Pressoni (Irma Records)